Con questa intervista vi porto da Funky Maikol, rapper romano dedito al proprio stile personale. Prima di cominciare a leggere io vi avverto. Tutti i perbenisti benpensanti sono pregati di interrompere subito la lettura che tanto questo pezzo non fa per voi. Se comunque volete proseguire lo stesso non dite che non ve l’avevo detto. Tutti gli altri invece non avranno problemi di sorta a godersi la lettura che segue. Ecco a voi Funky Maikol.
D: Eccoci qua con Funky MaikoL a cui chiedo subito di raccontarci del suo incontro con il rap e con la musica in generale
R: L’incontro con il rap avvenne tanti anni fa nel 2002 quando stavo in macchina con mio fratello, che era un anno e mezzo più grande di me e dalle casse cominciò a uscire Without Me di Eminem. Mio fratello mi disse “questa è bella, è del rapper più bravo del mondo” e io lì rimasi affascinato da quella canzone e iniziai il mio percorso. Con il rap tutto è nato da lì poi e da lì è stato un amore duraturo fino ad adesso. Poi ovviamente con gli anni ho imparato a conoscere anche altri artisti. Ho sempre ascoltato per lo più rap americano piuttosto che quello italiano ed è quello di cui ne so di più. Anche la musica in generale ha sempre fatto parte della mia vita. Mio padre è un grande appassionato di musica e penso mi abbia trasmesso questa passione, anche se stiamo parlando di generi completamente diversi rispetto al rap, come jazz, Rock, Progressive, quello anni 60-70, quello della sua epoca insomma. Poi grazie anche al rap e la voglia di andare a ricercare i sample nelle canzoni ho scoperto tanti pezzi interessantissimi anni settanta, soprattutto funky.
D: Una delle tue caratteristiche più particolari è quella di metter giù dei testi che sembrano avere veramente pochi filtri, parlamene un po’
R: Sì beh diciamo che mi piace creare quella reazione del tipo “che cosa sta succedendo?”, spaesare un po’ l’ascoltatore. Mi piace dire le cose senza filtri, come era un tempo, con un po’ di ironia e soprattutto autoironia. Adesso c’è troppo perbenismo politically correct che distrugge l’arte. Questo tipo di censura porta a non poter più dire una certa cosa. Poi, sempre parlando del mio approccio alla scrittura, non sono molto rapido. Penso molto a quello che scrivo e come a dirlo, cercando di non essere troppo banale infilandoci dentro battutine e giochi di parole. C’è un comico inglese, Ricky Gervais, che fa black humor, e lui dice sta cosa del “se ti offendi, non vuol dire che c’hai ragione”. Chi se ne frega se ti offendi. Adesso appena uno si offende non si può più fare quella cosa lì perché uno si è offeso, ma che senso ha? È una censura. Solo perché uno si offende perché magari non sa ragionare non si può più parlare. Io penso che gli sfottò possano servire anche per sentirci più parte dello stesso mondo, con la risata le tensioni si allentano e si creano opportunità per crescere insieme. Io sento che questo perbenismo generale che c’è è un danno per la musica e per l’arte in generale.
D: Un’altra peculiarità delle tue tracce è quel sound marcatamente funky…
R: Si io amo tutto l’hip hop anni 90 e anche fine anni 80, mi è sempre piaciuto. Da quando ho iniziato ad approfondire il genere, ho scoperto delle cose assurde. Per me è stato un percorso di ricerca bellissimo e cerco di rifare quello stile.
D: Parlaci del processo creativo delle tue basi, innanzitutto fai tutto per i fatti tuoi?
R: Si, anche l’ultimo album “La rinascita del funkazzismo” l’ho prodotto totalmente in camera mia, registrazione, mix e master. Diciamo che produco seguendo il mio mood e ciò che sento, non parto pensando ad un’idea ben precisa. Per quanto riguarda il beatmaking ti posso dire i beat li ho sempre fatti, ma non sapevo mixare per cui il materiale sonoro che producevo mancava proprio di qualità. Poi nel 2019, a ottobre, ho iniziato a fare un corso di tecnico del suono che è durato cinque mesi ed è finito poco prima del lockdown. Durante il lockdown ho fatto un pò di pratica ed è nato il primo EP, “Il leggendario potere del masticazzi”, che in realtà non è un EP, più che altro sono dei singoli raggruppati tra loro senza un vero e proprio collegamento. L’ultimo progetto invece è molto più “progetto” ed include anche due skit simpatici.
D: E quando hai iniziato ti sei messo sotto sia con le basi sia con i testi?
R: diciamo che scrivevo già da dai 15-16 anni avevo iniziato usando le basi americane, però i miei testi erano uno schifo. Poi ho smesso per un po’, ricominciando verso i 21 anni, però sempre su basi di altri con strumentali famose. Intorno al 2016 ho voluto cercare di produrre le basi da me per poter scrivere sopra un suono fatto apposta per i miei testi, e in quel periodo nacque l’idea del ”funkazzismo”, però non sapendo mixare non ero soddisfatto e ho capito che andava approfondito quell’aspetto.
Ho fatto questo corso di tecnico del suono per imparare a mixare, per poter fare basi che mi soddisfacessero e poi dopo un po’ sta cosa della scrittura è andata svanendo dato che ho cominciato a concentrarmi maggiormente sul beatmaking. Adesso ho voluto fare un progetto mio perché nessuno mi si filava le basi. Ho selezionato quelle che mi ispiravano di più, quelle più funkeggianti e ci ho scritto i pezzi. Anche per promuovere un po’ il mio sound.
D: E’ una cosa in cui mi ci ritrovo! Che tipo di aspettative hai dal tuo fare musica in generale?
R: Io per la verità faccio quello che mi piace fare, non è che mi aspetto qualcosa in cambio, poi ovviamente un po’ di apprezzamento è sempre il benvenuto, però non lo faccio per piacere agli altri, io faccio quello che piace fare a me. Il bello della scrittura è che puoi fare uscire cose un po’ grevi che in altri contesti non diresti mai, però con la scrittura, nell’arte, nella musica si può fare.
D: Pubblichi anche un sacco di post su Instagram, ti dai da fare insomma
R: Sì diciamo sto provando in qualsiasi modo di promuovere questo progetto, come quando ho pensato che magari un doppiaggio in chiave ironica di “Ritorno al futuro” poteva risultare coinvolgente. Ho pensato che era un qualcosa che non ha fatto ancora nessuno. Mi piace essere creativo e questo progetto nuovo mi ha fatto uscire un sacco di creatività che non avevo da anni.
D: Ho visto che hai fatto anche delle collaborazioni con altre persone
R: Diciamo che ho pubblicato dei video con i miei beat e dicendo “sparate le vostre sedici barre” e qualcuno ogni tanto ha risposto, non le riterrei delle vere e proprie collaborazioni però.
D: E da questo punto di vista invece le hai mai cercate? Hai mai cercato di coinvolgere altri artisti?
R: Ancora no. Ho ricevuto delle proposte in passato ma per diversi motivi non sono mai andate in porto alla fine. Io non mi sento ancora pronto nè a livello di scrittura, nè a livello dei mix o di beatmaking per collaborare a progetti molto seri. Poi ovviamente se a qualcuno piace la mia base ci vuole rappare sopra o gli piace il mio stile e vuole fare un pezzo condiviso io ci sto.
D: Nato e cresciuto a Roma che per te dovrà avere un significato particolare
R: Si è la mia vita, nato e cresciuto, frequento anche lo stadio (per la Roma!) e Roma è unica. Io ho viaggiato un pò, pure fuori dall’Europa e una città come Roma per me non c’è. La gente, il cibo, il clima, la storia.
D: Ci sono posti particolari che frequenti anche magari legati all’hip hop qui in zona?
R: Strettamente legati all’hip hop non tanto. Non sono uno che si va a mettere nell’ambiente e quindi neanche lo conosco benissimo. Se vogliamo allargare il discorso a situazioni comunque underground io spesso quando esco vado al ponte della musica, dove sotto ci sta uno skatepark. Un bel posto anche se abbastanza grezzo, proprio sul Tevere con qualche quarter, qualche rampa con tanta gente che ci va. Un bell’ambiente.
Poi ogni tanto mi godo qualche concerto, gli ultimi sono stati quelli dei Dead Poets con Fastcut, e dei Colle der Fomento. Al concerto dei Colle ho respirato una bella atmosfera, tipicamente old school e con tante persone. Io amo più questo tipo di stile piuttosto che i vari autotune e quei ritmi così lenti, per me è meglio il movimento del funk, più ballabile e con tematiche più varie. Nell’old school ognuno aveva una propria scia ben precisa, anzi se copiavi eri pure visto male. Adesso è il contrario, se fai una cosa diversa sei visto male.
C’era tantissima creatività negli anni 90, ognuno aveva il suo stile e non potevi copiare l’altro per quello che diceva e per il sound. Prendere ispirazione è diverso, comunque ci sta, perché chiunque si ispira a qualcun altro e nessuno crea una cosa da zero, anche io ho le mie fonti di ispirazione come Eminem e DJ Premiere
D: Dimmi di un problema che hai riscontrato e che non ha ancora riolto o se l’hai risolto come l’ha risolto rispetto alla musica, qualcosa con cui ti sei dovuto mettere a sfidare te stesso
R: Diciamo che sono un tipo che si arrangia, anche perché uso tutti plugin gratuiti, quindi a volte su questo fronte mi sento un po’ limitato. Penso che per fare queste cose devi avere già un obiettivo in mente e tu devi sapere come arrivare all’obiettivo. Quindi se c’è un ostacolo cerchi di aggirarlo in qualche modo per raggiungere l’obiettivo che ti sei impostato. Certo è che trovarsi più a contatto con dei professionisti potrebbe senz’altro aiutare a capire in maniera più approfondita come funzionano le cose.
D: Saresti disposto a rinunciare a qualcosa, a soffrire, ad avere problemi pur di arrivare a dei traguardi nel campo della musica? A che cosa saresti disposto a rinunciare? Se qualcuno domani ti dicesse “Ok va bene! ottimo Sound! è tutto ok però i testi cambiali e mettici dentro le stesse identiche tematiche di tutto il resto che si sente in giro”, tu lo faresti?
R: Assolutamente no! Il bello del fare tutto da solo in modo molto indipendente è anche che decidi tu cosa dire e cosa fare. Per me è troppo importante. La libertà di parola è tutto, soprattutto nell’hip hop. No, non ci starei in una cosa del genere. E poi ad esempio le tematiche tipiche della trap, non mi rappresentano propio. Preferisco parlare delle mie cazzate, magari esagerando anche un pò la realtà ma restando sempre me stesso.
E rieccoci. L’intervista finisce qui. Grazie di cuore a Funky Maikol per averci portato nel suo mondo. Di certo ora ci vuole una bella traccia della Funk Azzismo Productions!
Qui il link per ascoltare le sue tracce su Spotify
Qui per seguirlo su Instagram